Peter Paul Rubens ( 1597-1640) è l’artista di genio che, nelle sue opere poderose, crea in maniera definitiva il mondo della nuova pittura fiamminga “romanisca”. Egli ha fatto sua la maniera pittorica italiana, rimanendo pèro, nella sua intima essenza, non meno fiammingo di Brueghel. È questo che gli ha permesso di compiere la sintesi tra la pittura italiana e fiamminga in fiandra, come aveva fatto un tempo Leopardi in Toscana.
Rubens, proseguendo sulla solida base del rinascimento, si spinge però nella corrente nordico-fiamminga e mentale europea.
Mi sembra opportuno ora analizzare brevemente la situazione nell’Italia post-rinascimetale: Dopo il Caravaggio la penisola italiana non ha più avuto pittori di importanza mondiale; soltanto con l’architettura e la scultura resterà ancora all’ avanguardia per qualche tempo, grazie a Bernini.
Ma in pittura, lo scettro ritorna alle fiandre, a Rubens. La terza fase della secolare gara tra le fiandre e l’Italia è vinta di nuovo dalle fiandre. La capitale artistica, l’Atene europea ora non è Firenze né Roma, ma Anversa, la città di Rubens. La sede del suo famoso laboratorio ove si recano in devoto pellegrinaggio artisti e profani di tutto il mondo.
Certo questo nuovo trionfo delle Fiandre ha fine con la morte di Rubens. Nessuno dei sui allievi è in grado di reggere lo scettro: Né Van Dyck; che va in Inghiterra e muore subito dopo Rubens; né Jordaens o Snyders, neppure loro all’ altezza.
Altri paesi si fanno avanti. Dapprima è la Spagna che, persa l’ egemonia politica mondiale, si guadagna il diritto dell’ egemonia artistica in Europa, con la pittura di Velazquez e di Murillo; adesso l’Olanda vi si oppone tanto in politica quanto in arte con maestri quali Frans Hals, Rembrant, e Vermeer.
Senza Rubens, non ci sarebbero stati né Velazquez né Rembrant, né Poussin né Reynolds. Tutti hanno imparato da lui, per tutti egli è stato la guida. Rubens si è sempre considerato non solo fiammingo, ma europeo, occidentale e, soprattutto, uomo di cultura. Alla sua patria naturale, le fiandre, egli ha potuto procurare solo un breve trionfo. Ma per la sua grande patria d’ elezione, che comprende l’intero corpo culturale, oggi è il grande maestro con il quale ha inizio una nuova fase di tutta l’arte mondiale.
Rubens in Italia ( 1600-1608)
Il 9 maggio del 1600, parte da Anversa diretto a sud, con l’intenzione di esplorare personalmente l’Italia. Secondo la Vita, testo in latino a lungo attribuito a suo nipote, egli fu preso dal desiderio di andare “per studiare da vicino i lavori dei maestri antichi e moderni e per accrescersi per mezzo del loro esempio nella pittura”
Nel giugno del 1600 Rubens è a Mantova al servizio dei Gonzaga , fino marzo del 1603. Parte da Livorno verso la corte del Re di Spagna.
Rubens nella corte di Spagna. ( Marzo 1603- Novembre 1605)
Sotto il periodo di Filippo III (1598-1621) e di Filippo IV (1621-1665) la monarchia spagnola si affidò completamente, nella gestione degli affari di stato, a corrotti funzionari, come il Duca di Lerma e il Duca di Olivares. In generale la burocrazia statale era inetta non solo perché del tutto incompetente in materia di politica economica, ma anche perché non c’era carica pubblica che non fosse in vendita. Una volta in carica diventava giocoforza considerare l’erario statale una forma di proprietà personale.
Ma qui lo attenderanno altre sorprese nel campo artistico, come tre anni prima, al suo arrivo in Italia. L’ora della grande pittura spagnola non era ancora suonata. Velazquez non aveva ancora quattro anni. Murillo non era ancora nato.
Come un tempo aveva dovuto alzar lo sguardo per poter ammirare la grande arte italiana, altrettanto doveva ora abbassarlo per penetrare nell’arido deserto della pittura spagnola dell’epoca; legata sempre all’antica tradizione fiamminga, pur accostandovi le forme esteriori del manierismo italiano, essa offriva uno spettacolo poco piacevole.
In una lettera al segretario di Vincenzo Gonzaga a Mantova, Rubens parla di tale incredibile insufficienza e ritardo artistico e aggiunge: “… Dio mio! Salvi dal diventare cosi…”
Tanto più potente fu l’impressione che le sue pitture provocarono sugli spagnoli.
Ritratto equestre del Duca di Lerma. 1603.
Don Francisco Sandoval y Rojas: Il Duca di Lerma ordinò a Rubens una serie di quadri raffiguranti Cristo e i dodici apostoli a figure spagnole. Durante questo suo soggiorno in Spagna, Rubens ha lasciato un’opera ancor più significativa. Il Duca di Lerma voleva un proprio ritratto, a cavallo del suo destriero. Nell’ autunno del 1603 Rubens fu appositamente invitato al castello del duca, nei pressi di Madrid.
Tale incarico gli fu molto gradito: per tutta la vita egli fu un appassionato di cavalli e un eccellente cavallerizzo, (“Rubens si mantenne sempre in esercizio, andando a cavallo fino alla fine dei suoi giorni”) il che contribuisce a fare di lui uno dei migliori pittori di cavalli del mondo.
Esempio del cavallo in Rubens:
San Giorgio 1615circa- Madrid-Prado- Tela 3’04 x 2’56m/ il prato delle figlie di leucippo 1616circa- tela 2’22 x 2’09 / la mischia intorno alla bandiera- disegno da una parte della “ battaglia di anghiari”- Gressetto nero penna, lumeggiature bianche, lavis- 1615 circa. Parigi-louvre-0ì45x 0’64m/ Caccia allìippopotamo-1616circa- Monaco, Pinacoteca. Tela 2’47 x 3’21m / caccia al leone-1617circa- monaco, Pinacoteca. Tela 2’46 x 3’74m/ immolazione in battaglia del console publio decio mure 1617-1618 Vienna. Galleria Liechtenstein. Tela 2’88 x 5’17m
Nel disegno preparatorio, ora al Louvre, sembra persino che egli presti più attenzione al cavallo che al cavaliere; i cui lineamenti non assomigliano a quelli del dipinto.
Infatti il cavallo del bozzetto è cosi ben riuscito che Rubens per il quadro non dovette quasi apportavi modificazioni; anche in seguito si ritroverà in altre sue opere tale dipinto, cosi importante nella formazione di Rubens.
L’unica differenza tra il bozzetto e la tela definitiva si trova nel viso del modello, giovane e barbuto, si potrebbe trattare di un autoritratto?
È ora nella collezione della contessa di Savia discendente della famiglia de Lerma, a Madrid.
Rubens nell’eseguirlo si è probabilmente ispirato al famoso ritratto a cavallo del Tiziano raffigurante – Carlo V alla battaglia di Muhlberg (Madrid-Museo del Prado) -. Ma la sua interpretazione è del tutto diversa; si tratta di un’opera che si inscrive nella tradizione veneziana caricata di dinamismo e di sicurezza che costituisce una riformulazione della maniera barocca del ritratto equestre classico.
Nell’opera di Tiziano, l’imperatore passa a cavallo davanti allo spettatore con portamento calmo, epicamente fuori dal tempo, quasi una personificazione del destino. Il duca di Lerma avanza verso lo spettatore con una tecnica di prospettiva denominata “sotto-in-su” che rende più importante la figura del valoroso, nominato a quell’epoca gran capitano della cavalleria Spagnola.
In Rubens, il Duca avanza dallo sfondo più scuro come un’improvvisa apparizione. Cavallo e cavaliere visti di fronte danno già di per sé maggiore tensione alla scena, Lerma cavalca verso lo spettatore, lo guarda fermamente negli occhi; scrutandolo, giudicando.
Un cavaliere irrequieto, un irrequieto cavallo!
Esempio di ritratto in Rubens:
Testa del giovane Francesco II Gonzaga, figlio di Vincenzo 1605circa. Vienna-Museo. Tela 0’67 x 0’52m/ Rubens e Isabella Brant 1609 circa- Monaco. Pinacoteca. Tela 1’79 x 1’36m / autorittrato 1617 Firenze Uffici- Tavola 0’78 x 0’61m/ Ritratto di un letterato 1618circa. Monaco-pinacoteca. Tavola 1ì21 x 1’04m/ ritratto di Maria de Medici 1622-23. Madrid-Prado. Tela 1’30 x 1’08m/ Anna D’Austria moglie di Luigi XIII Di Francia 1622.Madrid-Prado tela. 1’29 x 1’06m/Filippo IV di Spagna 1628-1629. Madrid proprietà del duca di Alba. Tela. 0’74 x 0’53m/ L’infante don Ferdinando alla battaglia di Nordhigen 1635circa- Madrid-Prado. Tela 3'335 x 2’58m.
Rispetto allo stile: si osserva il disegno caratteristico dei suoi primi anni con una cura meravigliosa del dettaglio nell’armatura o nell’incastonatura del cavallo. Un brioso cavallo bianco, con la mano destra impugna il bastone da generale, la scena di battaglia si situa in un orizzonte molto basso; nonostante sia uno dei primi ritratti del maestro, mostra l’alterigia e l’orgoglio del valoroso e da l’impressione di coinvolgere lo spettatore che deriva dalla percezione da un angolo basso appresa dal manierismo; questo ha portato a congetturare un contatto tra Rubens e il Greco:
( San Martin partendo la capa con el pobre)
Anche la Maniera pittorica si fa più libera, a pennellate larghe, quasi a macchie. Un procedimento pre-Impresionista; nuovi motivi, nuovi accordi, richiedono nuovi mezzi d’espressione.
Si cercano eventuali influssi, si osserva che la maniera pittorica è chiaramente riferibile al Greco.
In quel periodo il Greco di Creta Theotokopuli ( 1547-1614), che da tempo si era fatto Spagnolo, era molto apprezzato a Toledo. Era indifferente all’impressionismo tardo-bizantino in maniera particolarmente nuova e questo è evidente nei suoi ritratti psicologico-analitici. Nella pittura spagnola tutto non era poi cosi disprezzabile com’egli s’era aspettato; c’era almeno un’eccezione.
Per la Spagna il ritratto di Lerma –come pure la serie degli apostoli- significò l’inizio di una nuova arte; esso precede di diversi decenni i ritratti a cavallo del Velazquez, infatti Rubens inaugura nel 1603 un nuovo concetto di ritratto che seguiranno Van Dyck e Velazquez.
Dato lo straordinario successo di Rubens in Spagna, questi, malgrado non avesse che ventisei anni, avrebbe potuto restarvi, continuando a dettar legge in pittura da maestro incontrastato. La Corte e i grandi di Spagna cercarono di convincerlo. Ma più allettante del ruolo di pittore in Spagna era per Rubens quello, molto più modesto, di apprendista in Italia; Sapeva con certezza di avere ancora molto da imparare dagli Italiani.
Perciò preferì lasciare la Spagna appena terminato il proprio compito, e ritornare a Mantova dal duca Gonzaga ( primavera del 1640).
Oggi la tela si trova al museo del Prado a Madrid, dove risulta una delle grandi opere maestre presente nel museo da più di un secolo e mezzo.
Febrero 2006.
Universitá La Sapienza. Roma.
Corso: Rubens in Italia.
Isabel Rollán
* Bibliografia.
Giovanni Atepanow, Rubens, 1950
Michael Jaffe, Rubens e l’Italia. Fratelli palombi Editori 1984.
Alba Constamagna, La festa del colore; rubens alla chiesa Nuova. De luca editori d’arte.2005.
Silva Danesi Squarzina. Studi sul seicento fiammingo e olandese. De luca edizioni d’arte.
Bollori Gian Pietro. Le vite de’pittori, scultori e architetti moderni. Einaudi 1976.
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